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giovedì 10 giugno 2021

Riflessione sulla lettera di Bruno Giordano ai ragazzi non ancora nati il 23 maggio 1992Più una sfida è ardua, più gratificante sarà il traguardo

Ritardo a rispondere a causa dei tanti impegni che mi assillano in questo periodo della mia vita, esami, preparazione ai test, patente di guida e anche attività sociali in cui sono coinvolto... Ma ci tenevo a scrivere una mia riflessione in merito alla sua lettera rivolta a noi che non eravamo ancora nati il giorno in cui il giudice Giovanni Falcone fu barbaramente ucciso. Ci tenevo a ringraziarla innanzitutto a nome di tutti i giovani. 
Lei ha abbattuto il solito stereotipo della "generazione bruciata", luogo comune del vecchio che non accetta il nuovo e che critica strumentalizzando i fatti; ma le questioni generazionali sono storiche e da Platone a noi non siamo ancora riusciti ad eliminarle. 
Cito a proposito la frase di un artista "è la storia che si ripete all'infinito, il nuovo partito è più vecchio ancora del vecchio partito", ma torniamo al suo discorso...
Personalmente sono sempre stato attratto dall'anticonformismo, dalla diversità e dal ribelle (quest' ultimo forse di più nella fase adolescenziale, ma ancora adesso gli antieroi sono i miei preferiti rispetto ai protagonisti che agiscono non andando sopra le righe), ma poi con il passare degli anni ho compreso che in realtà il bene comune esiste ed emana una luce pura di speranza di cui tutti gli uomini potrebbero goderne, ma troppo spesso viene confuso con il bene per la propria porzione di pubblico ed una eventuale faziosità che va a ledere quella che dovrebbe veramente essere la politica. 
Ho capito che tutti volevano essere diversi all'apparenza, andare controcorrente, ma solo per moda o per essere "figo", oddio... il fascino per queste cose esiste ed è anche legittimo, forse inizialmente anche io ne sono stato vittima, ma se era l'obiettivo di tutti non poteva più essere il mio. 
Non sto dicendo che essere controcorrente è un modo di apparire ma, nel mio caso, significa come ti poni e di cosa ti soddisfa.
I vigliacchi e i codardi da lei citati si nutrono di soddisfazioni personali ed elogi pubblici che fanno accrescere solo il loro ego, ma io ho scelto di rifiutare le convenzioni sociali perché il mio bene faccia rumore quanto il male, ma rispettando le libertà altrui e soprattutto emanando bene incondizionato e caritatevole, nutrendomi di sguardi di sincera gratitudine sia anche nel restituire un solo euro al cassiere per un errore di conto, sia anche nell' organizzare assemblee a scuola su temi che non mi toccano minimamente nella mia condizione (femminismo, autismo, disabilità ecc.… per fare degli esempi)
Quindi sì, io sento la presenza del gene dell'onestà dentro di me, io sento che la mia generazione cambierà le sorti del pianeta, anche perché non possiamo più voltarci dall'altra parte, è il mondo stesso che ce lo richiede. 
Pensare che qualcun altro risolva gli enormi problemi per noi, così come è stato fatto per troppo tempo e troppe generazioni, è un metodo di approccio obsoleto, per questo rompo gli schemi, perché non hanno mai funzionato, ma a chi ha il gene del vigliacco fanno ancora comodo, per questo faticano ad essere estirpati, ma non mi abbatto, più la sfida è ardua più sarà gratificante ogni traguardo.
La ringrazio ancora, perché discorsi come questo mi fanno andare avanti nella lotta “al risveglio della realtà sociale” come mi piace chiamare la mia attività e il mio ruolo in questa società, 
Nicola Lupo 5AO

L’eredità di Falcone è tua. Cercala in un libro, in una scuola, in una palestra, su una spiaggia, in un viaggio.Lettera a chi non ha ancora trent'anni di Bruno Giordano

Questa lettera di Bruno Giordano, Magistrato della Corte di Cassazione, rivolta ai giovani che non erano ancora nati il giorno in cui fu ucciso il giudice Giovanni Falcone, è stata per i nostri studenti un importante momento di riflessione. Troppo bella per non postarla sul nostro blog.

Scrivo a te, che il 23 maggio 1992 non eri ancora nato, perché noi che abbiamo vissuto quel pomeriggio, che abbiamo tremato, pianto, reagito, riflettuto e reagito ancora, ripensato a quello che avevano detto di Falcone, messo le lenzuola bianche ai balconi, ora abbiamo il dovere di parlarti, di testimoniare. Sappi che quella sera non tutti hanno pianto, perché alcuni hanno anche festeggiato. Chi ti scrive ricorda le reazioni di giubilo in alcuni bracci delle carceri italiane. In qualche salotto ovattato, sul tavolo di qualche consiglio di amministrazione, su qualche scrivania si è pure brindato. E già, perché il “metodo Falcone”, come veniva chiamato, seguiva il denaro sporco che diventava pulito, guardava dentro le tantissime banche, indagava all’estero, e soprattutto scopriva aree di interesse economico contigue alla mafia. E questo lo rendeva molto pericoloso. Il metodo Falcone collegava droga, corruzione e soldi ovunque si ripulissero. Ecco perché faceva più paura a chi ha fondato il proprio benessere sul detto pecunia non olet, a chi ancora oggi si gira dall’altra parte per assolvere la propria coscienza, a chi accampa il ricatto occupazionale per sostenere che con la mafia bisogna convivere, che tutto sommato è ricchezza per tutti. Per questo Giovanni Falcone non era amato da tutti, anche dentro la magistratura; non era un eroe, lo è diventato alle 17.58 del 23 maggio 1992, a causa di 500 chili di tritolo; prima era semplicemente (ma non facilmente) un magistrato integerrimo, intelligente, capace di studiare la società, agire, guardare negli occhi e capire una persona, vivere un lavoro nell’unico modo in cui si deve fare, onestamente. A te che oggi hai 12, 20, o 30 anni noi dobbiamo dire che anche oggi questo non è di moda. L’onestà non piace al potere minuscolo, ai codardi che si nascondono dietro la bandiera di turno, ai mediocri che non vogliono che altri eccellano, a chi trova l’anticamera del potente più comoda della stanza dei diritti e dei doveri. Sono sparite le lenzuola bianche, si torna a parlar male di chi cerca la verità, la mafia non spara più, ha capito che non conviene. Qualcuno della parola antimafia ne ha fatto un mestiere, altro che “professionisti dell’antimafia”, come li definì Leonardo Sciascia.Chi ha lavorato con Giovanni Falcone racconta sempre la sua umiltà e semplicità. Ma la semplicità è difficile a farsi, disse Brecht. In questo Paese, ancora oggi, è difficile essere un giudice, un operaio, una studentessa, un medico, una professoressa, un pensionato etc semplicemente onesto. Si ha l’impressione di stare sempre dalla parte sbagliata, dei pochi e soli, che i furbi vincono sempre. E invece non è così, dopo il 1992, la coscienza civile è cambiata, si è svegliata, arrabbiata, ricostruita. Tu hai un altro dna, più resistente al virus della paura, più integro, più bello. Non farti sorprendere dall’amarezza; anzi al contrario l’eredità di Falcone è tua. Cercala in un libro, in una scuola, in una palestra, su una spiaggia, in un viaggio. Sii semplicemente onesto. Noi, questo Paese e soprattutto il Tuo futuro, ti saremo grati.

Bruno Giordano

martedì 8 giugno 2021

Cari amici e compagni di classe ...


Mi sento fortunata ad essere qua a scrivervi questa lettera sdolcinata, perché purtroppo tanti altri non hanno la nostra fortuna e per questo devo/dobbiamo esserne profondamente grati. Se dovessero chiedermi di descrivere i miei cinque anni di scuola superiore, ammetto che all’impatto mi verrebbe complicato. Succede questo quando ci sono tante belle emozioni mischiate tra loro, ma dopo qualche secondo le parole scorrerebbero da sole e le prime sarebbero: amore, empatia, rimproveri, sorrisi, tristezza e preoccupazione. Cari amici e compagni di classe siete stati parte integrante della mia crescita. Abbiamo affrontato e condiviso insieme gli anni più belli della nostra vita, seduti su quelle sedie, davanti ai nostri banchetti che all’inizio ci sembravano piccoli , a volte li abbiamo odiati, a volte ci siamo lasciati andare e la noia ha preso il sopravvento, altre, invece, abbiamo ripreso più invogliati di prima, perché noi ragazzi siamo fatti così. Mi porterò custoditi nel cuore ricordi meravigliosi, momenti che all’inizio ci sembravano pesanti, come l’autobus la mattina presto con Carmen che mi aspetta e mi dice “Sono le 7,25”, i ritardi, la prima mezz’ora passata quasi nel silenzio “perchè sono solo le 8,15”, le risate, quelle fatte con il cuore, soprattutto con la mia compagna di banco, meravigliosa, che è riuscita a sopportarmi in questi anni senza lamentarsi, pronta a sostenermi in ogni istante, le cavolate di Nicola, nate dal nulla...perché è più bello così. Grazie amore, sei stato importante e sono sicura che lo sarai per ancora tanto tempo. Il silenzio di Corrado e Francesca, le mie amiche costrette a venire in bagno con me, i lamenti di Giallu, l’aiuto di Marwa, pronta ad esserci sempre. Gli scleri di Marta. Mi porterò nel cuore le assemblee di classe che passavano veloci perché le riempivamo sorridendo; le ricreazioni, i momenti dopo le spiegazione, quando ci guardavamo, soprattutto con Graziuccia, perplessi e dicevamo “ma tu hai capito?”, il giorno del compito di Matemtica e noi che stavamo tranquillamente festeggiando un compleanno con i bidelli in segreteria. Le cose da elencare sarebbero troppe, ma sappiate che porterò sempre nel mio cuore l’immagine di noi 18 seduti accanto, stretti gli uni agli altri come facevamo i primi tempi, con la voglia di imparare ma soprattutto di vivere. L’anno scorso è stato difficile e complicato per tutti sicuramente, ma per noi ragazzi è stato stremante, a volte insopportabile, alzarci dal letto e comunicare attraverso uno schermo senza poter condividere insieme le ore più belle della giornata. Ho sempre amato andare a scuola, mi sono sempre divertita e sono successe cose assurde che voi avete reso ancora più belle e assurde. Un grazie particolare va a voi professori che ci siete stati sempre e avete contribuito a farci capire che una delle armi più forti al mondo è l’educazione unita alla conoscenza. Grazie per averci compresi e per aver creduto in noi. Grazie professoressa Manenti che è stata come una seconda mamma. Con lei, soprattutto l’anno scorso e nonostante lo schermo o come li chiama lei “i pallini”, non abbiamo mai avuto bisogno di aprire bocca perché ci ha sempre capiti dagli occhi. Professoressa Varano la porto con me e nella lista delle persone più belle che ho conosciuto in questi anni. Prima di essere una professoressa innamorata del suo lavoro è una donna fantastica, pronta a preoccuparsi e a farsi in quattro per i suoi alunni. Siamo cambiati, non solo fisicamente come Peppe o Enrico, quello non è importante, siamo cambiati perché anno dopo anno siamo migliorati mentalmente ma soprattutto interiormente. Sono un po’ cresciuta, di altezza sicuramente no, forse sono rimasta sempre quella che si impanica subito e piange come quando alzava la voce il prof. Amore, ma il bene che vi voglio non è mai cambiato. Professori e amici vi auguro di spiccare sempre, di amare, di arrivare sempre in alto e quando non sarà così non buttatevi giù, la vita è imprevedibile, ma meravigliosamente bella. 

Con affetto, Giorgia 

Giorgia Ciccazzo 5A Odontotecnico